
Sul presunto anatocismo nascosto nel piano di ammortamento alla francese e sulla conseguente indeterminatezza del mutuo
Si riscontra, in qualche iniziativa giudiziaria a tutela di mutuatari inadempienti, la seguente tesi: il tasso d’interesse risulterebbe indeterminato per effetto del fenomeno anatocistico che sarebbe insito nel piano di ammortamento cosiddetto alla francese; l’indeterminatezza provocherebbe la nullità della clausola e la sostituzione degli interessi convenzionali con quelli legali, ai sensi dell’art. 1284 c.c..
Ebbene, deve sommessamente rilevarsi come si contino soltanto pochi arresti giurisprudenziali circa il preteso connaturato effetto anatocistico del piano di ammortamento alla francese, mentre è possibile rinvenire numerose sentenze di segno opposto. Tale minoritaria, o meglio, del tutto isolata giurisprudenza consta in realtà di tre sentenze in particolare, la prima delle quali è stata utilizzata da alcune associazioni di categoria come vessillo per indurre ad azioni legali in massa contro i mutui con piano di ammortamento alla francese. Si tratta della sentenza n. 113 del 2008 emessa da un GOT del Tribunale di Bari, Sezione distaccata di Rutigliano, nonché della sentenza n. 119 del 2012 emessa dal Tribunale di Larino, Sezione distaccata di Termoli, che – verificando un tasso annuo effettivo maggiore del tan, dovuto alla particolare struttura del piano di ammortamento alla francese, che prevede rate costanti e restituzione del capitale crescente – hanno erroneamente e superficialmente tratto la conclusione che il maggior tasso annuo rispetto al tan sia conseguenza di un fenomeno anatocistico insito nel piano di ammortamento alla francese.
Di recente si annovera la sentenza n. 1558/2018 del Tribunale di Napoli.
Tali pronunce si fondano sull’esito di una consulenza tecnica d’ufficio, acriticamente recepita, inficiata da alcuni vizi connessi alla scorretta applicazione di una formula di matematica finanziaria. Tanto è ampiamente esposto in un interessante contributo dottrinale di Massimo Silvestri e Giuseppe Tedesco “Sulla pretesa non coincidenza tra il tasso espresso in frazione d’anno e il tasso annuo nel rimborso rateale dei prestiti secondo il metodo francese” pubblicato dalla rivista Giurisprudenza di merito, 2009, n.1.
In giurisprudenza si annoverano pronunce di segno opposto che hanno sconfessato gli isolati orientamenti di cui si è detto, costituendo, questa sì, giurisprudenza pressoché unanime.
“In materia di mutui, il metodo di ammortamento alla francese comporta che gli interessi vengano calcolati unicamente sulla quota capitale via via decrescente e per il periodo corrispondente a quello di ciascuna rata. In altri termini, nel sistema progressivo ciascuna rata comporta la liquidazione ed il pagamento di tutti (ed unicamente de)gli interessi dovuti per il periodo cui la rata stessa si riferisce. Tale importo viene quindi integralmente pagato con la rata, laddove la residua quota di essa va già ad estinguere il capitale. Ciò non comporta capitalizzazione degli interessi, atteso che gli interessi conglobati nella rata successiva sono a loro volta calcolati unicamente sulla residua quota di capitale, ovverosia sul capitale originario detratto l’importo già pagato con la rata o le rate precedenti, e unicamente per il periodo successivo al pagamento della rata immediatamente precedente. Il mutuatario, con il pagamento di ogni singola rata, azzera gli interessi maturati a suo carico fino a quel momento, coerentemente con il dettato dell’art. 1193 c.c., quindi inizia ad abbattere il capitale dovuto in misura pari alla differenza tra interessi maturati e importo della rata da lui stesso pattuito nel contratto”. Questo il principio espresso a chiare lettere dal Tribunale di Siena, Giudice Unico Dott. Stefano Caramellino con sentenza del 17.07.2014.
Tale pronuncia, di per sé esaustiva in quanto segue un percorso logico e argomentativo che rappresenta una vera e propria lezione di diritto economico, si colloca nell’ambito delle più recenti pronunce di merito che confermano l’assoluta e piena legittimità di tal tipo di mutuo[1].
Ed infatti, nei contratti di mutuo con piano di ammortamento alla francese la rata è costante ed è composta da una quota interessi, calcolati solamente sul debito residuo in linea capitale, e una quota capitale, quest’ultima soltanto in grado di estinguere il debito, generando, di rata in rata, un debito residuo sempre minore, su cui si calcolano gli interessi che il mutuatario paga con la rata successiva.
Di rata in rata, quindi, le quote interessi sono sempre decrescenti, mentre le quote capitali sono crescenti, mantenendo la rata costante. Una formula matematica individua quale sia quell’unica rata costante capace di rimborsare quel prestito (euro x al tasso d’interesse y) con quel determinato numero (z) di pagamenti periodici costanti.
In altri termini, la rata discende matematicamente (ed automaticamente) dagli elementi contrattuali: il rimborso di quel prestito, accordato a quel determinato tasso, rimborsabile con quel determinato numero di rate costanti può avvenire solo mediante il pagamento di rate di quel determinato importo.
Individuato l’ammontare della rata costante ne segue la determinazione del piano di ammortamento, di modo che, da un lato, si abbia comunque l’estinzione dell’intero capitale (sicché la somma delle quote capitale contenute in tutte le rate deve corrispondere all’importo originario del prestito), nonché, dall’altro, che con il pagamento della rata siano riconosciuti tutti gli interessi maturati nel periodo cui la rata si riferisce.
Secondo il metodo dell’ammortamento c.d. francese, una volta individuato, sulla base della formula matematica di cui sopra, l’ammontare della rata costante, la costruzione del piano di rimborso procede quindi secondo i seguenti passaggi:
1) si calcolano gli interessi sul debito iniziale e si determina la quota interessi della prima rata;
2) si sottrae la quota interesse così individuata dalla rata costante e si ricava per differenza la quota capitale della prima rata;
3) la quota capitale di tale prima rata si porta in detrazione dal debito iniziale e si ottiene il debito residuo;
4) sul debito residuo rinveniente dalla prima rata si calcola la quota interessi della seconda rata;
5) dalla rata costante si ricava per differenza la quota capitale della seconda rata;
6) la quota capitale della seconda rata va a ridurre il debito residuo sui cui si calcola la quota interessi della terza rata, e così di seguito fino all’ultima rata.
Orbene, dalla ricostruzione sopra operata risulta evidente come tale metodo non implichi, per definizione, alcun fenomeno di capitalizzazione degli interessi ulteriore a quelli legittimati, nel caso di morosità, dal combinato disposto degli artt. 120, comma 1 bis, d.lgs. 385/1993, e 3 delibera CICR 9 febbraio 2000.
Il mutuatario, con il pagamento di ogni singola rata, azzera gli interessi maturati a suo carico fino a quel momento, coerentemente con il dettato dell’art. 1193 c.c., quindi inizia ad abbattere il capitale dovuto in misura pari alla differenza tra interessi maturati e importo della rata da lui stesso pattuito nel contratto.
Con apprezzabile sintesi, il Tribunale di Torino spiega come “la previsione di un piano di rimborso del mutuo graduale – in particolare con rata fissa costante (c.d. ammortamento alla francese) – non comporta alcuna violazione dell’art. 1283 c.c. per i seguenti tre motivi:
1) gli interessi di periodo vengono calcolati sul solo capitale residuo;
2) alla scadenza della rata gli interessi maturati non vengono capitalizzati, ma solo pagati come quota interessi della rata di rimborso del mutuo, essendo tale pagamento periodico della totalità degli interessi elemento essenziale e caratterizzante, in particolare, dell’ammortamento alla francese dove la rata costante e la quota capitale rimborsata è determinata per differenza rispetto alla quota interessi;
3) peraltro, visto che la rata paga, oltre agli interessi sul capitale a scadere, anche la quota del debito in linea capitale – quota man mano crescente con il progredire del rimborso – a ciò segue che il pagamento a scadenza del periodo X riduce il capitale che fruttifica nel periodo X+1, ossia si verifica un fenomeno inverso rispetto alla capitalizzazione” (Trib. Torino, 17.09.2014, tratta da “Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 11736, pubb. 4.12.2014).
Da ultimo, i fautori della tesi minoritaria non di rado cercano sostegno nella sentenza del Tribunale di Milano del 30.10.2013, pubblicata il 9.01.2014, emessa dal Giudice Dott.ssa E. R. Crugnola, sostenendo che la stessa avrebbe confermato la tesi dell’anatocismo insito nel piano di ammortamento alla francese. L’affermazione è tuttavia contraddetta dalla mera lettura della sentenza, la quale invece – di fronte a due particolari contratti di mutuo aventi piano di ammortamento alla francese caratterizzato dalla variabilità, secondo vari parametri, del tasso di interesse – ha considerato nulle le clausole relative agli interessi, non già in quanto implicanti anatocismo, bensì in quanto “si risolvono, da un punto di vista matematico-finanziario, in enunciati non danti luogo ad una univoca applicazione ma richiedenti la necessità di una scelta applicativa tra più alternative possibili, ciascuna comportante l’applicazione di tassi di interesse diversi: il che vale a dire che tali clausole, da un punto di vista giuridico, non soddisfano il requisito della determinatezza”.
È evidente quindi come quello preso in esame dal Tribunale di Milano sia un caso del tutto particolare, non equiparabile alle consuete fattispecie nelle quali il tasso di interesse è determinato in misura fissa ovvero in misura variabile con riferimento ad un parametro preciso (per es. Euribor).
Avv. Michele Basile
[1] Si segnalano le seguenti decisioni, tra le più recenti: Trib. Benevento, Dott. A. Genovese, 19.11.2012, n. 1936; Trib. Pescara, Dott.ssa A. Fortieri, 10.04.2014, secondo cui “nei contratti di muto, il sistema di ammortamento progressivo (c.d. “alla francese”), nel quale la restituzione del prestito avviene attraverso il pagamento di una rata costante nel tempo (caratterizzata da una quota interessi comunque decrescente ed una quota capitale crescente), non comporta, per definizione, alcun fenomeno di capitalizzazione degli interessi”; Trib. Milano, Dott.ssa L. Cosentini, 5.05.2014, n. 5733; Trib. Lecce, sez. II, 16.09.2014; Trib. Lucca, 1.10.2014, n. 1439. A parte si segnala la sentenza del Tribunale di Torino del 17.09.2014 che, oltre a sancire che l’ammortamento alla francese non comporta alcuna violazione dell’art. 1283 c.c., ha perentoriamente affermato: “E’ fonte di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. l’aver sostenuto in giudizio tesi contraddittorie, controproducenti, che ignorano arbitrariamente chiari dati normativi che segnalano la non cumulabilità di interessi moratori e corrispettivi e il diritto della banca a pretendere interessi moratori sulla rata scaduta”.