È onere del creditore opposto promuovere il procedimento di mediazione, pena la revoca del decreto ingiuntivo.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte fanno definitiva ed opportuna chiarezza su una questione mai sopita, che anzi, a seguito della sentenza n. 24629 del 2015, aveva sostanzialmente diviso la giurisprudenza di merito su due opposti orientamenti: 1) quello inaugurato dalla citata sentenza del 2015 secondo cui nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo l’onere di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione è a carico della parte opponente, per cui in mancanza l’opposizione è improcedibile e il decreto ingiuntivo diventa definitivo; 2) quello che ha invece adottato la soluzione contraria, ponendo l’onere di promuovere il procedimento di mediazione a carico del creditore opposto, che se non vi procede subirà la revoca del decreto ingiuntivo.

In breve, la Cassazione ha richiamato le principali argomentazioni a sostegno dell’una e dell’altra tesi.

<<Gli uffici di merito che hanno dato seguito al precedente di questa Corte hanno messo in risalto, soprattutto, due considerazioni: 1) il fatto che è l’opponente che ha la veste processuale di attore perchè grava su di lui la scelta se provvedere o meno all’instaurazione di un giudizio che sottoponga al giudice il vaglio sulla fondatezza della domanda; 2) la circostanza che il decreto ingiuntivo è un provvedimento di per sè suscettibile di passare in giudicato in caso di mancata opposizione, per cui la parte che ha interesse ad impedire che ciò avvenga è tenuta ad attivarsi, anche promuovendo la mediazione.

Gli uffici di merito che, al contrario, non hanno seguito il citato indirizzo hanno richiamato soprattutto due argomenti: 1) nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo le parti riprendono ciascuna il proprio ruolo ed è il creditore opposto a doversi attivare per la procedura di mediazione, come normalmente avverrebbe se si trattasse di una causa ordinaria; 2) l’improcedibilità del giudizio di opposizione per mancato avvio della procedura di mediazione determinerebbe la caducazione del decreto ingiuntivo, cioè la sua revoca, senza pregiudizio della possibilità di ottenere un altro decreto ingiuntivo identico al precedente, mentre l’orientamento della sentenza n. 24629 del 2015 conduce al risultato per cui all’improcedibilità dell’opposizione deve fare seguito l’irrevocabilità del decreto ingiuntivo>>.

Orbene, le Sezioni Unite forniscono una soluzione che disattende l’orientamento di cui alla citata sentenza del 2015, stabilendo invece che l’onere di attivare il procedimento di mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è a carico del creditore opposto.

Secondo l’autorevole decisione, <<militano in questo senso argomenti di carattere testuale, logico e sistematico e tale interpretazione deve ritenersi l’unica costituzionalmente orientata>>.

– Il dato normativo è il punto di partenza della disamina compiuta dalle Sezioni Unite, secondo cui alcune disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 28 del 2010, pur non affrontando direttamente il problema in esame, non potrebbero armonizzarsi con la tesi che pone l’onere di promuovere la procedura di mediazione a carico della parte opponente. La prima norma è quella dell’art. 4, comma 2 D.Lgs. cit. il quale, nel regolare l’accesso alla mediazione, stabilisce come debba essere proposta la relativa domanda e specificamente dispone, al comma 2, che “l’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa”. E’ una caratteristica tipica del nostro sistema processuale il fatto che sia l’attore, cioè colui il quale assume l’iniziativa processuale, a dover chiarire, tra le altre cose, l’oggetto e le ragioni della pretesa. Appare almeno curioso, quindi, ipotizzare che l’opponente, cioè il debitore – ossia chi si è limitato a reagire all’iniziativa del creditore – sia costretto ad indicare l’oggetto e le ragioni di una pretesa che non è la sua.

La seconda disposizione è contenuta nel D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1-bis, il quale dispone, tra l’altro, che chi “intende esercitare in giudizio un’azione” relativa a una controversia nelle materie ivi indicate “è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto”. Anche qui si deve confermare quanto si è detto a proposito dell’art. 4, comma 2; l’obbligo di esperire il procedimento di mediazione è posto dalla legge a carico di chi intende esercitare in giudizio un’azione, e non c’è alcun dubbio che tale posizione sia quella dell’attore, che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è il creditore opposto (c.d. attore in senso sostanziale). Non a caso, infatti, l’art. 643 c.p.c., comma 3, stabilisce che la notificazione del decreto ingiuntivo determina la pendenza della lite.

La terza disposizione significativa è quella del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 6, il quale dispone che “dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale”. E’ agevole collegare questa previsione con gli artt. 2943 e 2945 c.c., i quali regolano gli effetti della domanda giudiziale sull’interruzione della prescrizione e l’ultrattività dell’effetto interruttivo in caso di estinzione del processo (art. 2945, comma 3, cit.). L’art. 5, comma 6, anzi, prevede pure un effetto impeditivo della decadenza “per una sola volta”. Va da sè che non appare logico che un effetto favorevole all’attore come l’interruzione della prescrizione si determini grazie ad un’iniziativa assunta dal debitore, posto che l’opponente nella fase di opposizione al monitorio è, appunto, il debitore (convenuto in senso sostanziale).

– Seguono le ragioni di ordine logico e sistematico.

Un primo argomento è stato già anticipato nelle precedenti riflessioni. Come si è detto, infatti, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è l’opposto ad avere la qualità di creditore in senso sostanziale. La legge ha voluto che nel giudizio monitorio l’onere di attivazione della procedura di mediazione obbligatoria fosse collocato in un momento successivo alla decisione delle istanze sulla provvisoria esecuzione; a quel punto, non solo è certa la pendenza del giudizio di opposizione, ma può anche dirsi che la causa si è incanalata lungo un percorso ordinario. Instaurata l’opposizione e sciolto il nodo della provvisoria esecuzione, non ha più rilievo che il contraddittorio sia differito; e dunque appare più conforme al sistema, letto nella sua globalità, che le parti riprendano ciascuna la propria posizione, per cui sarà il creditore a dover assumere l’iniziativa di promuovere la mediazione.

Un secondo argomento sistematico si deduce confrontando le diverse conseguenze derivanti dall’inerzia delle parti a seconda che si propenda per l’una o per l’altra soluzione. Se, infatti, si pone l’onere in questione a carico dell’opponente e questi rimane inerte, la conseguenza è che alla pronuncia di improcedibilità farà seguito l’irrevocabilità del decreto ingiuntivo; se l’onere, invece, è a carico dell’opposto, la sua inerzia comporterà l’improcedibilità e la conseguente revoca del decreto ingiuntivo; il quale ben potrà essere riproposto, senza quell’effetto preclusivo che consegue alla irrevocabilità del decreto. Nella prima ipotesi, quindi, definitività del risultato; nella seconda, mero onere di riproposizione per il creditore, il quale non perde nulla.

In altri termini, poichè l’opponente si è attivato promuovendo il giudizio di opposizione – che è, in concreto, l’unico rimedio processuale che la legge gli riconosce in presenza di un provvedimento monitorio – ricollegare alla sua inerzia nel promuovere il procedimento di mediazione un effetto identico appare un’evidente forzatura, stante la non confrontabilità delle due situazioni.

Infine, i rilievi di natura costituzionale.

Com’è noto, la Corte costituzionale è stata chiamata più volte a pronunciarsi sulla legittimità della c.d. giurisdizione condizionata ed ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di numerose disposizioni che prevedevano, appunto, simili forme di giurisdizione. Tra le numerose pronunce deve essere ricordata la sentenza n. 98 del 2014 nella quale il Giudice delle leggi, occupandosi di una norma del processo tributario (il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 17-bis, comma 2), ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale nella parte in cui prevedeva l’obbligo di presentazione di un reclamo agli uffici tributari come condizione di proponibilità della domanda, con la conseguenza che la mancata presentazione di quel reclamo determinava l’inammissibilità del ricorso. La Corte ha ricordato che le forme di accesso alla giurisdizione condizionate al previo adempimento di oneri sono legittime purchè ricorrano certi limiti; e che comunque sono illegittime le norme che collegano al mancato previo esperimento di rimedi amministrativi la conseguenza della decadenza dall’azione giudiziaria. La giurisprudenza costituzionale, quindi, fornisce un ulteriore e decisivo argomento nel senso che si è delineato.

Il principio di diritto enunciato è il seguente: “Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1-bis, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo“.